PILLOLE DI MANAGEMENT by Interlude
Il target market e il posizionamento
In queste settimane abbiamo parlato di strategia, di mercato, della scelta del nostro interlocutore, in altri termini abbiamo sviscerato in maniera più dettagliata gli aspetti che concorrono a costruire e determinare il posizionamento.
Posizionare significa costruire la personalità del proprio servizio/prodotto, del proprio brand, darle una forma di espressione e una di contenuto, decidere in cosa consiste il suo “mondo”.
Il posizionamento quindi è il principio di differenziazione che permette di mettere insieme i valori del prodotto/servizio insieme con i valori della sua proprietà. In tal senso quindi significa che esso si fonda su ragioni talvolta razionali e talaltra emotive e deve suscitare interesse nel suo interlocutore attraverso alcuni tratti funzionali o proiettivi. In ogni caso esso comporta:
In questo senso quindi il brand deve scegliere un sistema coerente di segni, in cui tutto si rapporti a un principio di identificazione e quindi:
Ora, mentre posizionare prodotti nuovi può essere un esercizio abbastanza disinvolto e da svolgere con una certa libertà, sulla base di un’attenta analisi della concorrenza e delle caratteristiche peculiari che si vogliono trasmettere, per prodotti già da tempo sul mercato la scelta del posizionamento deve tenere presente anche quello che è il vissuto del prodotto già esistente presso i consumatori e intervenire di conseguenza.
Il nostro ospite infatti, aggredito da migliaia e migliaia di messaggi, ha un bisogno istintivo di “fare ordine”, di “classificare”.
Una volta che un prodotto ha acquisito un certo posizionamento nella sua mente, i tentativi di cambiamento incontrano una grossa resistenza e risultano ardui e per l’azienda costosi.
In questo caso sorgono spontanee due domande:
Cominciamo dal cambiamento del mercato.
La pandemia ha avuto un indubbio effetto sui viaggi e soprattutto su quelli cosiddetti “a lungo e medio raggio” e le chiusure fra i vari stati hanno influito sui movimenti anche all’interno delle aree comunitarie. E’ purtroppo vero che, al di là delle restrizioni dettate dalle varie ordinanze, uno degli elementi che ha caratterizzato gli spostamenti è stata la paura, più o meno dichiarata, ma pur sempre presente nella sfera psicologica del nostro ospite e che ha guidato le sue scelte.
Così abbiamo assistito alla scelta di località meno note, più piccole, più intime, a cominciare dalle strutture ricettive (le case vacanza hanno spopolato ad esempio) e alla scelta di vacanze più lunghe nella stessa località e nella stessa struttura ricettiva.
Accanto a tutto questo abbiamo assistito anche alla riscoperta delle proprie regioni e perché no della propria città in quel fenomeno noto definito dall’anglicismo “Staycation”. E abbiamo visto crescere l’ansia per la scelta di luoghi sanificati, puliti, ma che rispettassero anche l’ambiente.
Tuttavia questi trend di consumo e di scelta affondano le loro origini già in alcuni target market e tendenze presenti almeno da qualche anno.
La scelta delle località meno note, più autentiche, dove stare a contatto con realtà non totalmente urbanizzate dove è possibile respirare i profumi e vivere le tradizioni di un tempo, era già l’obiettivo dei cosiddetti “puristi culturali”. Per questo target market la soddisfazione del viaggio dipende dall’autenticità dell’esperienza. O ancora la sostenibilità è stata negli ultimi anni l’elemento trainante dei cosiddetti “viaggiatori etici”.
Contemporaneamente si sono sviluppate altre tipologie di viaggiatori: i Bleisure (business più leisure) e i cacciatori di gratificazioni. Tutto questo per dire che la pandemia molto probabilmente ha accelerato un processo di cambiamento che era già in atto e che alcuni analisti dicevano avrebbe avuto il suo compimento nel 2030.
Di certo al di là della classificazione in tipologie, ciascuno di questi nuovi viaggiatori vuole vivere la propria idea di esperienza, non comune e differente dalle altre.
Ecco quindi che nasce l’esigenza da parte della struttura ricettiva di adattarsi e costruire esperienze che ruotano attorno alle aspettative dell’ospite collegando l’esigenza degli standard di qualità con l’aspetto umano della ricettività.
Durante l’ultimo Future Hotel Summit, che si è tenuto in maniera ibrida tra Dubai e online, si è parlato tanto della cosiddetta boutique experience per la ricerca da parte degli ospiti di autenticità e per l’importanza di sentirsi curati, coccolati.
La dimensione delle piccole strutture, come quelle che sono parte del nostro brand, Interlude Hotels & Resorts, ha più elasticità e maggiore capacità di rispondere a questa esigenza e di muoversi per ricreare intorno al proprio ospite quella sensazione di benessere a tutto tondo. Ma questo non significa che sia impossibile per le strutture di dimensioni maggiori.
In linea generale il posizionamento del prodotto hotel deve tenere conto, rispetto a questi target e a questo cambiamento, dei propri fattori di attrattività e delle esperienze che si possono ricreare al proprio interno, costruendo così le proprie aree strategiche d’affari (ASA) che altro non rappresentano che sottoinsiemi dell’hotel medesimo che se scorporate potrebbero sopravvivere da sole e che in momento come questo potrebbero rappresentare nuove aree produttive a valore aggiunto.
Il mercato ci chiede flessibilità, ma non significa necessariamente che si parli di camere a basso costo o con cancellazione sotto data.
La flessibilità che ci chiede è molto più orientata verso la creazione di esperienze autentiche, il basso impatto ambientale, il rispetto delle comunità locali e perché no la creazione di una relazione autentica con i nostri ospiti.
In quest’ottica è forse ancora più importante quanto abbiamo riportato in altri articoli, abbiamo necessità di formare meglio il nostro personale per coinvolgerlo nel cambiamento e per costruire questo nuovo posizionamento insieme, facendoli partecipi dell’innovazione; abbiamo necessità di parlare con i nostri fornitori per coinvolgere anche loro verso la creazione di un servizio più autentico che guardi da un lato alla sicurezza e alla pulizia e dall’altro strizzi l’occhio alla sostenibilità.
Non ce ne siamo accorti prima ma il nostro ospite aveva già cominciato a chiederci di cambiare il nostro modello, oggi però non possiamo più aspettare e dobbiamo realizzare che il nostro compito non è semplicemente quello di vendere un posto letto.
Posizionare significa costruire la personalità del proprio servizio/prodotto, del proprio brand, darle una forma di espressione e una di contenuto, decidere in cosa consiste il suo “mondo”.
Il posizionamento quindi è il principio di differenziazione che permette di mettere insieme i valori del prodotto/servizio insieme con i valori della sua proprietà. In tal senso quindi significa che esso si fonda su ragioni talvolta razionali e talaltra emotive e deve suscitare interesse nel suo interlocutore attraverso alcuni tratti funzionali o proiettivi. In ogni caso esso comporta:
- La selezione dei tratti pertinenti di cui si desidera appropriarsi per definire la propria identità, sia sul piano dell’espressione, sia sul piano del contenuto;
- La scelta del target cui intende rivolgersi.
In questo senso quindi il brand deve scegliere un sistema coerente di segni, in cui tutto si rapporti a un principio di identificazione e quindi:
- Un valore importante per il target
- Una modalità d’uso
- Una caratteristica di prodotto
- Un vantaggio speciale per il consumatore
- La scelta di un target di consumatori speciali.
Ora, mentre posizionare prodotti nuovi può essere un esercizio abbastanza disinvolto e da svolgere con una certa libertà, sulla base di un’attenta analisi della concorrenza e delle caratteristiche peculiari che si vogliono trasmettere, per prodotti già da tempo sul mercato la scelta del posizionamento deve tenere presente anche quello che è il vissuto del prodotto già esistente presso i consumatori e intervenire di conseguenza.
Il nostro ospite infatti, aggredito da migliaia e migliaia di messaggi, ha un bisogno istintivo di “fare ordine”, di “classificare”.
Una volta che un prodotto ha acquisito un certo posizionamento nella sua mente, i tentativi di cambiamento incontrano una grossa resistenza e risultano ardui e per l’azienda costosi.
In questo caso sorgono spontanee due domande:
- come possiamo costruire una strategia per un posizionamento differente in una situazione di mercato come quella attuale in cui è richiesto il cambiamento, ma in qualche modo siamo ancorati all’identità che ci siamo dati prima?
- Come possiamo riposizionarci in assenza di risorse economiche che sarebbero utili a vincere le eventuali resistenze di un mercato abituato a vederci sempre in un modo?
Cominciamo dal cambiamento del mercato.
La pandemia ha avuto un indubbio effetto sui viaggi e soprattutto su quelli cosiddetti “a lungo e medio raggio” e le chiusure fra i vari stati hanno influito sui movimenti anche all’interno delle aree comunitarie. E’ purtroppo vero che, al di là delle restrizioni dettate dalle varie ordinanze, uno degli elementi che ha caratterizzato gli spostamenti è stata la paura, più o meno dichiarata, ma pur sempre presente nella sfera psicologica del nostro ospite e che ha guidato le sue scelte.
Così abbiamo assistito alla scelta di località meno note, più piccole, più intime, a cominciare dalle strutture ricettive (le case vacanza hanno spopolato ad esempio) e alla scelta di vacanze più lunghe nella stessa località e nella stessa struttura ricettiva.
Accanto a tutto questo abbiamo assistito anche alla riscoperta delle proprie regioni e perché no della propria città in quel fenomeno noto definito dall’anglicismo “Staycation”. E abbiamo visto crescere l’ansia per la scelta di luoghi sanificati, puliti, ma che rispettassero anche l’ambiente.
Tuttavia questi trend di consumo e di scelta affondano le loro origini già in alcuni target market e tendenze presenti almeno da qualche anno.
La scelta delle località meno note, più autentiche, dove stare a contatto con realtà non totalmente urbanizzate dove è possibile respirare i profumi e vivere le tradizioni di un tempo, era già l’obiettivo dei cosiddetti “puristi culturali”. Per questo target market la soddisfazione del viaggio dipende dall’autenticità dell’esperienza. O ancora la sostenibilità è stata negli ultimi anni l’elemento trainante dei cosiddetti “viaggiatori etici”.
Contemporaneamente si sono sviluppate altre tipologie di viaggiatori: i Bleisure (business più leisure) e i cacciatori di gratificazioni. Tutto questo per dire che la pandemia molto probabilmente ha accelerato un processo di cambiamento che era già in atto e che alcuni analisti dicevano avrebbe avuto il suo compimento nel 2030.
Di certo al di là della classificazione in tipologie, ciascuno di questi nuovi viaggiatori vuole vivere la propria idea di esperienza, non comune e differente dalle altre.
Ecco quindi che nasce l’esigenza da parte della struttura ricettiva di adattarsi e costruire esperienze che ruotano attorno alle aspettative dell’ospite collegando l’esigenza degli standard di qualità con l’aspetto umano della ricettività.
Durante l’ultimo Future Hotel Summit, che si è tenuto in maniera ibrida tra Dubai e online, si è parlato tanto della cosiddetta boutique experience per la ricerca da parte degli ospiti di autenticità e per l’importanza di sentirsi curati, coccolati.
La dimensione delle piccole strutture, come quelle che sono parte del nostro brand, Interlude Hotels & Resorts, ha più elasticità e maggiore capacità di rispondere a questa esigenza e di muoversi per ricreare intorno al proprio ospite quella sensazione di benessere a tutto tondo. Ma questo non significa che sia impossibile per le strutture di dimensioni maggiori.
In linea generale il posizionamento del prodotto hotel deve tenere conto, rispetto a questi target e a questo cambiamento, dei propri fattori di attrattività e delle esperienze che si possono ricreare al proprio interno, costruendo così le proprie aree strategiche d’affari (ASA) che altro non rappresentano che sottoinsiemi dell’hotel medesimo che se scorporate potrebbero sopravvivere da sole e che in momento come questo potrebbero rappresentare nuove aree produttive a valore aggiunto.
Il mercato ci chiede flessibilità, ma non significa necessariamente che si parli di camere a basso costo o con cancellazione sotto data.
La flessibilità che ci chiede è molto più orientata verso la creazione di esperienze autentiche, il basso impatto ambientale, il rispetto delle comunità locali e perché no la creazione di una relazione autentica con i nostri ospiti.
In quest’ottica è forse ancora più importante quanto abbiamo riportato in altri articoli, abbiamo necessità di formare meglio il nostro personale per coinvolgerlo nel cambiamento e per costruire questo nuovo posizionamento insieme, facendoli partecipi dell’innovazione; abbiamo necessità di parlare con i nostri fornitori per coinvolgere anche loro verso la creazione di un servizio più autentico che guardi da un lato alla sicurezza e alla pulizia e dall’altro strizzi l’occhio alla sostenibilità.
Non ce ne siamo accorti prima ma il nostro ospite aveva già cominciato a chiederci di cambiare il nostro modello, oggi però non possiamo più aspettare e dobbiamo realizzare che il nostro compito non è semplicemente quello di vendere un posto letto.
Credits to Laura Lo Mascolo